giovedì 15 ottobre 2009

ACCABADORA di Michela Murgia [RECENSIONE]


Ho letto "Accabadora" di Michela Murgia in pochi giorni, perchè il desiderio di continuare a leggere mi spronava a portare il libro sempre con me, persino in metro. Racconta la storia di due donne: Maria Listru, una bambina dal carattere "ribelle" e ignorata dalla sua famiglia e Tzia Bonaria Urrai che decide di prendere con sè quella bambina cocciuta e crescerla come figlia, o meglio come fill'e anima.
Ambientato nella Sardegna degli anni Cinquanta, si respira un'atmosfera intrisa di religione, superstizione e destino immutabile. Traspare una passione travolgente e un amore sincero. Maria, che dalla sua famiglia viene trascurata perchè, in qualità di quarta femmina, rappresenta un peso per la madre vedova, che stenta a portare il mangiare a casa. Ricordo bene i racconti dell'infanzia di mia madre, quando -mi diceva- all'indomani della guerra si faticava a portare il pane a tavola.
L'anziana invece non ha problemi di sopravvivenza e prendendo la piccola Maria con sè fa un enorme favore alla signara Listru, che così si libera di un peso. Tra l'anziana e la bambina invece si crea un legame profondo, costruito sul rispetto e sull'amore sincero, di quello che non ha secondi fini. Tzia Bonaria insegnerà molte cose a Maria, la farà studiare e le insegnerà a cucire; e quando la ragazzina protesta perchè non capisce a cosa serva studiare l'italiano, perchè tanto in Sardegna si parla il sardo, lei le risponderà: "Italia o non Italia, tu dalle guerre devi tornare, figlia mia!". Le consegna tutte le armi possibili, affinchè crescendo quella piccola sventurata possa combattere e trionfare in tutte le battaglie che la vita le riserverà.
La vecchia in realtà non è solo la sarta del paese, ma è l'accabadora, ovvero la donna che pone fine (acabar in spagnolo significa terminare) all'agonia del malato terminale. Era una pratica diffusa fino a qualche decennio fa e metteva la donna in questione nella possibilità di accompagnare il moribondo verso la fine, con dignità e sollievo. Una sorte di eutanasia voluta dalla famiglia del morente.
E' un libro che mi ha colpito tanto. Parla di temi molto importanti, come possono essere l'eutanasia e l'affidamento eterofamiliare, ma lo fa in maniera semplice, o meglio, utilizzando un linguaggio pulito, senza tanti artifici, mescolando poi il tutto ad una tradizione antica, che li contestualizza e li rende "normali".
Consiglio di leggerlo, perchè l'autrice -Michela Murgia- partorisce un autentico gioiello dell'attuale letteratura. E consiglio di leggerlo soprattutto a tutti coloro che hanno una serie infinita di pregiudizi sull'eutanasia, perchè questo libro ti fa capire "come imparare l'umiltà di accogliere sia la vita che la morte."

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