domenica 28 febbraio 2010

sabato 27 febbraio 2010

I SIMPSON E LA PSICOLOGIA


Scritta tra il 2005 e il 2006 come tesi finale del corso di laurea in psicologia, finalmente adesso vede la luce.
Nel libro si analizzano vari aspetti legati al tema della famiglia, attraverso lo specchio colorato dei Simpson: la famiglia come sistema, la coppia coniugale, gli aspetti della genitorialità e infine la quarta età. La famiglia è cambiata, i ruoli genitoriali e le loro rappresentazioni sociali si sono adattati ad un nuovo contesto socio-economico. Il problema è capire quanto questo cambiamento sia salutare per il benessere della famiglia stessa. I genitori si comportano da amici, dimenticando il ruolo di guida, i vecchi vengono "scaricati" alla casa di riposo più vicina o abbandonati nelle loro dimore, perchè economicamente non più produttivi, la scuola diventa più un luogo di diseducazione, dove i ragazzi prosciugano lentamente (senza rendersene conto) il fuoco della curiosità e dell'entusiasmo.
Accompagnati dai dialoghi di Homer, Marge, Bart e Lisa si parlerà di questo e altro. In fondo c'è un Simpson in ognuno di noi, bisogna solo trovare il coraggio di guardare dentro di noi e attorno a noi per scoprirlo.
Se ti ho convinto, qui si può comprare on-line.

di francesca martinico
Libro SAGGISTICA 92 pagine
Copertina Morbida - Formato 15x23 - bianco e nero

venerdì 26 febbraio 2010

AIXI ES LA VIDA CHARLIE BROWN

Sto leggendo un volume su Charlie Brown e compagnia bella in catalano. Sono del parere che leggere i fumetti per imparare, o meglio, per prendere confidenza con una lingua straniera sia un ottimo metodo. Ho fatto così con el castellano e continuo ad adoperare questa tecnica anche con el català.
Leggendo (in alcuni casi rileggendo) le storie di questi fantastici personaggi, non posso fare a meno di identificarmi con loro, soprattutto con Charlie Brown. Si, lo ammetto! Io sono molto C.B. :)
Peccato che lui non riesce a trovare la soluzione a nulla, rimane vincolato ai suoi sogni (la noieta del per-rojo) e impalato di fronte agli ostacoli. Povero Charlie! Chissà quando imparerà che Così è la vita, Charlie Brown.

lunedì 8 febbraio 2010

PAESE CHE VAI, USANZE CHE TROVI

Vivendo in un nuovo paese, ci si deve adattare alle usanze che lì si incontrano ;)
Così, ieri ha avuto luogo la mia prima calçotada, ovvero la mia prima abbuffata catalana!!!
I calçot sono dei cipollotti che vengono cotti direttamente sul fuoco, alla brace e si mangiano rigorosamente con le mani, intinti (o meglio sucat) nella salsa romesco. Sinceramente, dal momento che non vado pazza per le cipolle, non ero molto convinta di questo nuovo pasto che andavo a provare, ma mi sono dovuta ricredere. Sarà stata la campagna, sarà stato il giro in cantina (con conseguente assaggino -doppio- di cavas), sarà stata la buona compagnia, sarà stata la salsetta (con la quale ho fatto pure scarpetta con il pane buono)... se si guardano le foto penso si deduca quanto mi sono piaciuti :)

Il bavero era incluso nel "pacchetto" calçotada

Le mani alla fine si riducevano in questo stato...Ma non finisce qui. Dopo i calçot sono stati serviti vassoi pieni di salsiccia, pancetta, capretto, fagioli, patate e carciofi (mamma mia quanto erano buoni i carciofi alla brace... se ci ripenso mi ritorna l'acquolina in bocca)


Dopo questo lauto pranzo ho avuto pure il coraggio di mangiare la crema catalana. Alla fine non potevano che fare una lunga passeggiata per cercare di agevolare la digestione.
La campagna ha sempre fatto parte dei miei ricordi da bambina e ieri quei colori e quegli odori mi hanno fatto fare un salto nel passato, quel passato che avevo deposto in fondo a un cassetto, ma che non avevo del tutto dimenticato.
Alla fine torno alla mia teoria che "tutto il mondo è paese" e che basta mettere insieme un pò di amici, del cibo gustoso e del buon vino per rendere la vita meno amara :)

venerdì 5 febbraio 2010

MENTAL

ATTENZIONE SPOILER!!!



Oggi ho visto l'ultima puntata del telefim Mental. Ho voluto terminare l'intera serie, prima di potermi esprimere pubblicamente.
Non lo so se mi è piaciuta. Sinceramente, non riesco a dargli più di un 5.

Mi è piaciuta molto l'idea. Un telefilm dedicato esclusivamente alle malattie mentali è innovativa. Finora ho assistito a "scorci" di suddette malattie in altre serie, ma il tutto si limitava alla classica depressione o schizofrenia. Mental, da questo punto di vista è stato rivoluzionario, ma si è fermato qui: alla buona intuizione. La trama infatti non riesce ad avvincermi più di tanto. I personaggi sono poco caratterizzati e ambigui. Non si riesce a capire dove sta il bene e il male.
I casi dei pazienti (tranne nelle prime puntate) sono trattate in maniera superficiale. Tutto appare semplice, come se bastasse una chiacchierata per risolvere problemi e disturbi della fascia psicotica o borderline.

Le storie dei personaggi (che di solito trainano una serie) non hanno nè capo, nè coda. Per esempio non ci sono relazioni fondate sull'amicizia o sull'amore. L'unica storia d'amore che lega il dottor Jack Gallagher alla collega neurologa inizia e finisce senza lasciare traccia.
L'antagonismo che legava inizialmente la dottoressa Veronica Hayden Jones al dottor Jack Gallagher scompare nel giro di poche puntate, senza sfociare però in una reale relazione di collaborazione professionale, nè tanto meno in un'amicizia.
L'altro antagonista, il dottor Carl Belle, è un arrampicatore sociale, che spesso appare come un incompetente che utilizza i metodi classici della psichiatria. Ora non voglio aprire un dibattito sulla metodologia psichiatrica, però mi ha dato l'impressione che il messaggio che passa sia questo: il metodo poco ortodosso messo in pratica dal dottor Gallagher è funzionale, quello tradizionale utilizzato dal dottor Belle non porta ai risultati soddisfacenti, ma tutto questo solo perchè il primo è simpatico e il secondo è stronzo. Io penso che ogni caso è una storia a sè, per quanto esistono dei parametri e delle norme generali. Nonostante siano presenti gli stessi sintomi, ciò che può funzionare con un paziente non è detto che sortisca gli stessi risultati in un altro.

Ma andiamo al nodo centrale della vicenda privata del protagonista: Jack ha una sorella gemella (Becky) che soffre di una grave forma di schizofrenia e vive da vagabonda a Los Angeles (lui si trasferisce lì soprattutto per questo motivo). L'unico contatto tra i due fratelli sono le telefonate mute che la sorella fa al fratello, nelle quali lui le parla della sua vita, del suo lavoro e dei luoghi che frequenta. A poche puntate dalla fine, Becky fa la sua apparizione nella serie. Questo porta naturalmente "scompiglio" nella routine del dottore e dell'ospedale in generale. Il tutto si risolve però in poche puntate: arrivano i genitori che fanno trasferire Becky in Florida, lontana da Jack. A questo punto arriva una nota positiva nel telefilm: Jack si mette in discussione, dal punto di vista professionale, ma anche personale, però sempre in maniera superficiale e in alcuni tratti oserei dire "scontata".

Alla fine, dopo una puntata centrata sulla crisi, sui giochi di potere di una CdA che prende decisioni, sui fondi che non bastano, sulle case farmaceutiche che possono fare e disfare quello che vogliono solo perchè detengono il potere dei soldi... beh alla fine di tutto questo il dottor Jack Gallagher lascia l'ospedale, con la soddisfazione di dare un cazzotto in faccia allo stronzo di Belle (che nell'ultima puntata dà il peggio della sua strafottenza), pronto a non si sa quale avventura.

Ho avuto l'impressione che gli sceneggiatori si siano lasciati sfuggire la situazione dalle mani, nel senso che non sono riusciti a gestire la serie e che l'abbiamo conclusa... beh l'unico termine che mi viene in mente non si potrebbe scrivere su un blog ;)

So che questo post sembra distruggere la serie, e forse è così. Ma la mia reazione è così negativa proprio perchè mi aspettavo di più, proprio perchè l'ida era una figata paurosa che poteva sfondare come e più di altre serie mediche, come Dottor House, E.R. o Grey's Anatomy. Finalmente anche in tv si approfondiva il tema della malattia mentale.Il pazzo poteva inserirsi nell'immaginario collettivo come una persona che ha dei disturbi, che soffre e che può essere guarita.

Peccato! Non penso proprio che Mental possa avere un seguito, a meno che non rivoluzionino l'intero cast, ma a quel punto potrebbero pure fare un nuovo telefilm...