sabato 28 febbraio 2009

I SIMPSON ARRIVANO A 22

Stamattina ho letto su Repubblica.it che Matt Groening ha rinnovato il contratto con la Fox per altri due anni. Cià significa che verranno prodotte altre due serie e arriveremo a quota 22!
Nella storia della televisione, I Simpson rappresentano la serie più longeva e più conosciuta in assoluto. Allora ci si chiede il perchè di tutto questo successo... beh, non per gongolare, ma io l'avevo scritto da tempo :)


Questo è un estratto delle conclusioni della mia tesi di laurea

L’evoluzione di Simpson è simile alla realtà: la serie procede, come la vita, attraverso moltiplicazioni di informazioni e di punti di vista.
Le conclusioni cui si è giunti è che i Simpson sono reali, nella misura in cui non hanno paura di svelare la verità, in tutta la sua interezza, anche il suo lato “mostruoso”. Homer; Marge, Bart, Lisa e tutti gli altri si mostrano per quello che sono, senza maschere che possano celare falsi buonismi. Le apparenze, che talvolta subentrano, sono smontate per consentire ai personaggi di mostrare- e agli spettatori di osservare- la loro intima natura.

Gli adulti, in particolare, sono i soggetti maggiormente presi di mira dai racconti di Matt Groening, il loro mondo è messo a nudo da una rappresentazione che, per di più, utilizza un linguaggio tipicamente giovanile, come quello del disegno animato.
I Simpson rompono ogni tabù, pronunciano le parolacce, ruttano, rivelano cose che non andrebbero dette, innescando spesso reazioni di disgusto, orrore e scandalo.
Il microcosmo creato da Groening alla fine degli anni Ottanta è il nostro mondo, che si ritrova a vivere riflesso attraverso i suoi personaggi e le loro vicende. Tutti i partecipanti di questa «realtà catodica», indistintamente, hanno una personalità complessa, variegata, in contrapposizione con i caratteri stereotipati degli altri cartoon seriali, più piatti e ripetitivi. I “simpsoniani” hanno una sorta di stevensoniana dualità: il meglio ed il peggio della natura umana, racchiusa in una serie di fotogrammi animati.
Si potrebbe controbattere sostenendo che i Simpson ricalcano gli aspetti dell’american life e in parte è vero, nel senso che molti attacchi sono indirizzati al sistema politico, televisivo, sanitario, scolastico… statunitense. Ma se Homer lavorasse svogliatamente alla FIAT di Termini Imerese e si ritrovasse a bere in un taverna della Vucciria, sarebbe forse tanto diverso dal padre distratto e ingenuo che abbiamo imparato a conoscere giorno dopo giorno in televisione? E Bart, sarebbe meno monello se passasse le sue giornate a sfrecciare con lo skate tra i viali del Giardino Inglese? Lo stesso vale per le donne: Marge potrebbe essere una dolce quarantenne, in realtà frustrata dalla lotta continua con i conti che non quadrano, divisa tra faccende domestiche, figli, marito, bollette e spesa al Discount, sempre per far tornare i conti a fine mese.
E infine Lisa potrebbe suonare al Conservatorio, dedicandosi nel tempo libero al volontariato, alla natura e alla lettura.
E così via. Ogni personaggio giallo può trovare il suo corrispettivo nella realtà, in carne e ossa: la maestra, il venditore immigrato, il commissario corrotto, il clown, il sindaco depravato… La mostruosità e lo sdegno dei tanti, a questo punto, non ha motivo di esistere: la famiglia è mutata in conseguenza a trasformazioni sociali e culturali degli anni Settanta, il linguaggio e il tipo di comunicazione intergenerazionale è cambiato, così come lo sono aspettative, credenze e atteggiamenti.
La famiglia, nella sua accezione psico-sociale, ha trovato una forma di adattamento a questi eventi destabilizzanti e i Simpson sono la testimonianza di una buona parte di questi cambiamenti.

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